Private Eye
Uno e’ tanto più autentico quanto più e’ vicino a quello che ha sognato di essere.
Agosto 2004, Perth, Renato C. chiede ad un investigatore privato di seguire e filmare sua moglie Roberta B. Da quel materiale, illecito e intimo nasce, un anno dopo, Private Eye, presentato nelle stanze di un Hotel per uno spettatore alla volta.
Un viaggio dai confini incerti, fra i sentimenti che proviamo e quelli che ci rappresentiamo, fra quello che pensiamo di essere e quello che siamo costretti ad essere. Illusione, rappresentazione, finzione si sovrappongono e infine diventano una cosa sola con quello che e’.
Private Eye e’ uno spettacolo sull’identità’.
Private Eye vuole creare un mondo in cui niente e’ quello che sembra, una specie di smarrimento terribile e affascinante, come ritrovarsi all’improvviso nel buio di un luogo sconosciuto. Una sfida a se stessi e allo spettatore. Spettatore al singolare perché la visione ad incastro del lavoro avrà nel rapporto aperto uno ad uno, il suo momento centrale.
Il lavoro e’ presentato in due stanze di un hotel.
Nella prima stanza Renato presenta allo spettatore i filmati e le foto prodotte dal vero investigatore. Poi lo spettatore viene invitato nella seconda stanza dove è accolto da Roberta. Qui si svolge la parte centrale dello spettacolo. Alternativamente Roberta impersonifica se stessa e il suo doppio. Ogni sezione e’ interrotta dall’arrivo intempestivo del prossimo spettatore.
Abbiamo scelto per questo progetto il luogo Hotel perché Private Eye nasce proprio mentre alloggiavamo in un hotel a Perth, e poi , ancor più, perché l’hotel e’ un luogo di passaggio, e’ un posto dove ci si ferma in modo precario durante un viaggio, da’ l’idea della precarietà dell’esistenza, del muoversi, così come il tema e il centro di Private Eye e’ basato sulla mobilità dell’identità’.
Luogo: Due stanze in un hotel. Spettatori: uno alla volta per un totale di 15 al giorno
Durata: 45 minuti per spettatore