Love me Tender
R. ha fatto un sogno. Un sogno che e’ rimasto impresso a lungo. Nel sogno una casa, un gruppo di persone, delle scritte su un corpo.
“Era un sogno che mi e’ capitato di sognare spesso. Forse ogni volta un po’ differente, ma che ritorna.
I sogni hanno vita lunga, al contrario di quello che si crede. Ancor oggi sogno cose che sognavo da piccola. Per essere irreali i sogni hanno una persistenza davvero curiosa.
Sono le uniche cose che conosco, forse insieme alle fiabe, così piene di significato ma prive di spiegazioni.”
Love me Tender inizia con una telefonata che lo spettatore fa da un luogo pubblico all’ora stabilita. Questa telefonata e’ la chiave di accesso ad un modo estraneo, parallelo che lo porterà dai luoghi pubblici della città a lui familiare ad un palazzo, una casa, una stanza. La casa è completamente senza luce; per attraversarla c’è bisogno di un visore notturno. Un estraneo viene invitato in una situazione intima. O meglio, siccome lo spettatore e’ estraneo all’attore nello stesso modo in cui l’attore e’, a sua volta, estraneo allo spettatore, due estranei si incontrano.
Estraneità ed intimità. Love me Tender affronta le apparenti antinomie degli opposti, estraneo/intimo, pubblico/privato, realtà/finzione, attore/persona che finiscono col fondersi nell’esperienza particolare e privilegiata dello spettatore.