Rassegna Stampa
Il teatro svela il senso dell’arte nello spettacolo di Cuocolo/Bosetti
2 gennaio 2022
Artribune:
Il teatro svela il senso dell’arte nello spettacolo di Cuocolo/Bosetti
Un’ora e mezza di spettacolo irripetibile: pura felicità. Detto con il massimo equilibrio e raziocinio, visti i loro lavori precedenti, non bisognerebbe perderlo. Si vive un’esperienza unica e rapinosa. Sperimenta teatro e vita insieme. Le parole si fanno azione. Dispongono al loro posto nello spazio e nel tempo le ombre e le luci. Il racconto è solo la penombra che le attraversa e le tiene insieme.
Gian Luca Favetto D di Repubblica
Giorni fa, in un’intervista a Repubblica, il grande Werner Herzog, parlando di paesaggio, diceva a DarioOlivero: «C’è un uso commerciale del paesaggio, per esempio quello che viene utilizzato come sfondo in uno spot. Ma un paesaggio può avere un significato molto più profondo. Le immagini che lo fissano possono cambiarci prospettiva e percezione. A volte il cinema e la grande pittura possono farlo».
Al cinema e alla pittura, mi permetto di aggiungere – se il maestro creatore di Fitzcarraldo non si offende – anche il teatro. Ci pensavo, infatti, passeggiando per Roma, seguendo un’attrice, la magnetica RobertaBosetti, durante il suo The Walk.
Si tratta, va detto, di uno spettacolo piuttosto originale.
Un piccolo gruppo di spettatori viene convocato in un luogo (a Roma era Campo de’ Fiori), e munito di auricolari dal gentilissimo staff di Le Vie dei Festival, la manifestazione curata da Natalia Di Iorio, che ospita il lavoro di Iraa Theatre. La compagnia ha una bella storia: fondata sul finire degli anni 70 dal solo Renato Cuocolo, cui si unirà Roberta Bosetti, è emigrata da Roma all’Australia, dove ottiene grande notorietà; poi esplode grazie a spettacoli sorprendenti, con successo in tutto il mondo. Iraa Theatre si fa apprezzare per la capacità insolita di portare il pubblico (anche con spettacoli per un solo spettatore alla volta) in ambienti e mondi straniati e stranianti. Utilizzando set non ortodossi (case private per una cena davvero angosciante, come in The secret Room o stanze d’albergo come per Private Eye), Cuocolo/Bosettiavvolgono il proprio pubblico in un percorso esperienziale davvero notevole. Da tempo tornati in Italia, a Vercelli (ma continuamente in tournée), Cuocolo/Bosetti hanno un approccio timido, appartato, ma non esitano a mettere in gioco autobiografia in modo aspro e morboso.
È il caso anche di The Walk, che non solo coinvolge il gruppo di spettatori in un percorso narrativo e sentimentale, ma soprattutto ha il merito di essere un cammino “spaesaggistico”: ovvero svela il paesaggio, ne fa sostanza drammaturgica, consapevolmente o casualmente. Camminare per vie meno frequentate di Roma; ascoltare in cuffia la voce suadente e calma di Roberta che racconta una sua storia privata – legata a un lutto improvviso – o che divaga inseguendo suggestioni e sollecitazioni; avvertire come “mediati”, attutiti, i rumori della strada (un motorino, due che chiacchierano e passano), crea una sublime suggestione, che rende immediatamente tutto quel che si vede elemento drammaturgico.
In qualche modo, Roma stessa – pigra e nolente come al solito – si piega, o forse si rivela, allo sguardo dello spettatore. Torno ancora all’intervista di Herzog: «È difficile da spiegare come il mondo rivela se stesso a chi viaggia a piedi (…) A volte quando cammini a lungo, il paesaggio non scompare ma adotta qualità diverse e sviluppa interi romanzi. Quando si cammina la sera e il sole cala e l’oscurità ricopre l’intero paesaggio si perde la direzione eppure si continua a tenere la strada». Dunque, camminando per The Walk (non troppo, non preoccupatevi: non ci si stanca) l’architettura, l’urbanistica, lo stesso paesaggio umano diventano teatro.
Ecco, dunque, i tavolini di Campo de’ Fiori assumere un tono mesto e dolente dietro l’aria ridanciana dell’aperitivo; ecco il lungotevere diventare un set ideale per un addio; ecco la coppietta, che si fotografa felice, far da aspro contraltare a una percezione di morte. Poi, su tutto, emerge la voce, il suono, la melodia narrante di Roberta: The Walk parla delle voci che non sentiremo più. Le voci care, conosciute, amate. La morte si avverte nell’oblio delle voci, in quel silenzio sottile, in quel fruscio di microfono che stacca, nei rumori della strada che tornano a imporsi. La vita riprende, il silenzio resta dentro.
ANDREA PORCHEDDU www.glistatigenerali.com
Invito a “The walk” e il palcoscenico è lo spazio della vita
“The Walk”, spettacolo urbano sulle tracce di un amico
“Questa è la mia voce: seguitemi.” Ripete Roberta Bosetti, che compare nel non-palco di un punto qualsiasi di Roma come presenza evanescente, e si distingue a poco a poco dalle interferenze visive e sonore della città, per scomparire poi ancora ad intermittenza, quasi come una visione.
Roma è cornice dinamica di “The Walk”, spettacolo urbano dove anche le interferenze stesse –quelle radioattive delle guide auricolari date al pubblico, quelle umane dei passanti ignari di essere comparse di uno spettacolo itinerante– sono parte integrante dell’opera, insieme agli imprevisti di una città che cammina e vive. Cammina e vive proprio come l’attrice, come il pubblico, come tutte quelle comparse inconsapevoli. Allora qual è il confine fra realtà e finzione?
La protagonista racconta il lutto e vorrebbe un po’ di intimità, mentre si perde nel ricordo del suo amico e con lui discorre.
“The Walk”, spettacolo itinerante nell’ambito della rassegna “Le vie dei Festival”, è questo: una camminata per ripercorrere le tracce. Le tracce di una Roma di vicoli semideserti, dei pensieri e passi della donna con lo zainetto che, tramutati pressoché in spie voyeuriste, seguiamo pedissequamente; le tracce di un amico scomparso di cui la donna ci racconta “troppo, o forse non abbastanza”. È attorno a questo amico che prende vita lo spettacolo itinerante, attorno a questa assenza-presenza. Ripercorriamo come una via crucis meditabonda ed esistenziale i suoi ultimi tragitti, i punti d’incontro della donna con lui.
La narrazione si fa testimonianza e antidoto contro l’oblio, la voce della donna con lo zainetto è penetrante ed insistente proprio perché “la voce è la prima cosa che si dimentica, quando qualcuno muore”. La protagonista racconta il lutto e vorrebbe un po’ di intimità, mentre si perde nel ricordo del suo amico e con lui discorre. A tratti quasi si pente di aver reso partecipi trenta uditori dei suoi pensieri, sembra tentata di interrompere quelle digressioni circa i dettagli intimi della sua insanabile nostalgia per l’amico scomparso e del profondo dolore che ne consegue; o che forse è soltanto conseguenza dell’avanzare della vita stessa, dei pieni e dei vuoti che la compongono. Ma poi, tanto forte è la smania di comunicare, urlare, che la narrazione continua, così come la passeggiata nel tracciato dei ricordi.
Se “camminare è una modalità di pensiero”, “The Walk” è un pensiero profondissimo suggerito dalla voce della Bosetti, da Roma che tramonta, dai vicoli che sembrano moltiplicarsi e farsi labirinti in cui ci si perde ed in cui, perdendosi, ci si trova naufraghi di pensieri arcani. Camminare è una modalità di pensiero, sì, ma è anche forma concreta di essere e di testimoniare, ripercorrere storie e strade, comprenderle e tracciarle meglio, in qualche modo appropriarsene, pur restando in bilico in quella dispersione che caratterizza gli erranti per natura.
“The Walk” è uno spettacolo sulle tracce, sì. Ma, proprio tracciando percorsi in maniera quasi ossessiva, insegna l’arte di perdersi per trovare cose nuove.
di Leyla Khalil, per la rubrica facciunsalto… a teatro
Si inizia con The Walk, della coppia Cuocolo-Bosetti, che usa lo spazio privato, ristretto, per rappresentazioni rituali psichici esplosi, molte volte sadomasochisti. Questa volta Roberta Bosetti rievoca la morte improvvisa, per strada, di un amico appena uscito dalla sua casa di Vercelli. Lo fa conducendo una trentina di spettatori in una passeggiata nella città di Bazzano, tra sentieri in mezzo a vecchie mura, un passaggio nella rocca, attraverso strade di oggi e condomini, con ritorno nella piazza da dove si era partiti. La dimensione da camera è data dal fatto che il testo arriva a ogni singolo spettatore attraverso una radio-guida collegata a auricolari. Ed è un testo dichiaratamente narrativo, con risvolti pensosi, sull’improvviso svanire della vita, sul vuoto, la memoria, l’abbandono, la solitudine metropolitana, il deserto. Raggiunge un momento culminate quando in un luogo chiuso l’attrice, insinuante, dolce, dolorante, spegne le luci e i led delle riceventi che ognuno ha costituiscono un cimitero rosseggiante di lumini, aprendo una dimensione di sogno. Qui sei non solo a teatro, mentre cammini: sei a letto, con una voce che ti racconta la storia, e ti muovi. Sei per strada, ma parallelamente su un particolare palcoscenico, nella camera interiore della prova del confronto con l’altro (e con il Grande Altro che è la morte), lontano da ogni narcisismo comunicativo, affermativo, autopropositivo.(The Walk si può vedere a Roma dal 5 al 15 novembre alle Vie dei Festival)
ph. Stefano Vaja boblog.corrieredibologna.corriere.it
The walk
regia di Renato Cuocolo
con Roberta Bosetti
produzione Cuocolo/Bosetti IRAA Theatre
coproduzione Australia Council for the Arts, Festival delle Colline Torinesi, Teatro di Dioniso
in collaborazione con Australia Council for the Arts
Le Vie del Festival
fino al 16 novembre 2014
Paiono identità smarrite che scrutano spazi aperti, ascoltano i rumori del tempo che scorre, e attendono di avvicinarsi, di ricongiungersi gli uni agli altri. No, non si tratta di attori, ma di noi, degli spettatori.
In una scena grande quanto la città, la voce e il corpo di Roberta Bosetti ci accompagnano – letteralmente – in uno spirituale vagabondaggio che attraversa vie e piazze, incontra mormorii, volti e sguardi (dei passanti, sono loro il vero pubblico), e penetra in luci e ombre, conducendoci, passo dopo passo, verso il punto più profondo e sconosciuto della nostra intimità.
Bastano due cuffie appoggiate alle orecchie, e il tono morbido e avvolgente dell’attrice vercellese – che dà prova di una penetrante interpretazione – scivola nella mente, gonfia gli occhi, si diffonde nelle vene, slegandoci dolcemente dalla realtà.
La storia del dolore per la perdita improvvisa di una persona amata abbandona il ricordo, si lascia trasportare dalle parole per addensarsi nell’aria, riempiendo cuori e teste di un silenzio denso d’intimità, di rabbia, di una irriconoscibile normalità. Così, inconsciamente, lo spettatore itinerante è insieme confidente e narratore, testimone e destinatario di una memoria fatta di gesti, di brividi, di sospiri ormai lontani, assenti.
La voce, invisibile catena fisica ed emotiva di esistenze, diventa il suono della coscienza che sovrappone, come occhi negli occhi, tempi passati e luoghi presenti, vite perdute e immagini scolorite, spettacolo e verità; mentre tutt’intorno svaniscono la convenzione, il palcoscenico, il testo e persino i ruoli. Svanisce il teatro che lascia lì, sulla strada, la sua essenza: quel nudo e istintivo contatto umano che Bosetti e Cuocolo confondono con la vita stessa, in un’unica poetica ricerca linguistica ed espressiva capace di svelare in ogni oggetto, persino il più banale e anonimo dei sassi, una malinconica e inedita preziosità. E a noi, marciatori sollevati sulla soglia del sogno, permane la pulsante consapevolezza che tutto questo (non) è finzione.
Nicole Jallin (26)
Rodolfo di Giammarco Che teatro che fa roma
Uno spettacolo straordinario. Un’esperienza talmente forte, sia per l’attore che per il pubblico, che ci si ritrovera’ a parlarne per anni.
Mary Lou Jobart ABC Radio National
Seduta al tavolo, la donna sta tagliando finemente una cipolla, fetta dopo fetta. Il suono del coltello che urta il tagliere sembra echeggiare nella piccola stanza. Di tanto in tanto la donna sparge i pezzi di cipolla su un grande cuore di animale posato su un piatto. Sta piangendo. Per forza, le cipolle hanno questo effetto. E quando una lacrima le scorre sulla guancia, la raccoglie con un cucchiaino d’argento e la beve. E’ un’immagine che ti lascia senza fiato e ti scuote, resa ancor più intensa dalla sua vicinanza fisica. La performance della Bosetti e’ brillante, ricca di sottigliezze e sfumature, un tour de force che e’ letteralmente in bocca al pubblico. Un’esperienza teatrale straordinariamente intima ed originale.
Stephen Dunne The Sydney Morning Herald
Questo e’ un teatro forte, provocatorio e sconvolgente. La vulnerabilità della Bosetti e’ palpabile e il suo controllo assoluto. La casa arriva a somigliare ai corridoi della sua mente e all’oscura solitudine delle memorie che condivide. Non c’e’ modo di resistere alla sua performance che e’ sempre autorevole, completamente credibile,onesta e meravigliosamente misurata. Bosetti e’ una grande attrice e prova che il teatro non ha bisogno di una sala da 500 posti. E’ il luogo dell’immaginazione e dell’emozione.
Catherine Lambert Sunday Herald Sun
Realtà e finzione, vita e arte, intrecciate saldamente così da creare una dimensione altra, ambigua e perturbante certo, ma capace di illuminare profondità inascoltate ovvero dimenticate del nostro io. Nell’ultimo spettacolo una betulla occupa il piano terra dell’abitazione e un foro nel soffitto le consente di attraversarla in verticale: un segno di crescita e costruzione che si accompagna alla trasformazione e persino alla distruzione di parti della casa.
Laura Bevione Hystrio
Spettacolo estremamente innovativo. La compagnia teatrale australiana conosciuta a livello internazionale, ha sempre suscitato forti emozioni dovunque sia stata presentata.
Sion Prior Newsweek USA
Uno spettacolo unico. Mi chiedo perché non esiste in Svezia una compagnia come questa?
Kristjan Saag Expressen GT Sweden
Il meglio di oggi. Il meglio della settimana. La scelta del critico. Il meglio del meglio.
Arts Section The Sydney Morning Herald
Un teatro perturbante e domestico che alberga dentro l’inconscio di qualunque vita ordinaria e terrena. L’esperienza è irripetibile e foriera di emozioni. Diventi parte di un viaggio di ritorno dove puoi anche ritrovarti.
Roberto Rinaldi Rumor(s)cena
E’ un’esperienza mozzafiato per lo spettatore vederla passare attraverso le pieghe dell’emozione e vederla uscire trasformata dall’altra parte. La sua sensuale sicurezza, forza di carattere e sincerità sono profondamente commoventi. La Stanza Segreta e’ qualcosa di insolito, provocatorio, incredibilmente coinvolgente, e un ottimo esempio di come il teatro possa arrivare dritto al cuore e dargli una scossa.
Tim Richards Stage Left
Cuocolo ha la forza visionaria degli incubi del miglior David Lynch.
Claus Philipp Der Standar Vienna
Non perdete tempo a leggere questo articolo. Prenotatevi. Subito. Uno spettacolo profondamente memorabile che ci da’ la rara occasione di rinnovare la nostra passione per il teatro. E’ qualcosa di sconvolgente poter guardare un attrice di grande carisma come Bosetti così da vicino.
Stephen Dunne Sydney Morning Herald
Questo progetto mi fa ricordare Ingmar Bergman e la sua relazione con Liv Ullman, ritrovo la stessa capacità di osservazione, la stessa sensibilità, la stessa tensione nel ricreare un mondo di desideri sospesi. E’ come se il teatro diventasse simultaneamente cinematografico e incredibilmente personale.
Rachel Fensham Los Angeles University, Real Time
Una performance interessante e coinvolgente che poggia su una drammaturgia solida, una regia che sa colpire nel cuore con gesti semplici ma carichi di significato e un’attrice che riesce a svelare il mistero denso che pesa nella stanza segreta di ogni essere umano.
Magda Poli Corriere della Sera
Il volto dolcissimo di Roberta ogni tanto si indurisce, rabbie, pensieri non detti, un po’ come la Figliastra dei Sei Personaggi sul punto di esplodere contro il padre. Muovendosi quasi in trance ricompone le trame segrete della sua vita…. fino al tradimento di un innocenza ritrovata, ora, attraverso il teatro.
Nico Garrone La Repubblica
Ecco e’ finita. La catarsi si e’ compiuta. L’autodafé non ha condotto alle fiamme, ma alle lacrime, alla deformazione somatica, alla riconquista di un dolore che evidentemente sa ancora ferire. La Bosetti e’ sconvolta. Noi, turbati. Lasciamo la casa e solo quando ci siamo rasserenati osiamo pensare a quanto sia stata brava, perfetta, soavemente omicida.
Osvaldo Guerrieri La Stampa
Roberta e Renato hanno costruito un “teatro da camera” che non ha eguali, che scava nell’intimo e disorienta, che accoglie lo spettatore per poi rigettarlo in una solitudine piena di domande, e, in fondo, di risposte.
Alessandra Vindrola La Repubblica
Attrice di grande talento Roberta Bosetti trasforma i fatti narrati in emozione pura , ora dissimulando con pudore, ora facendone un corpo ustionante. Un risultato sorprendente, pieno di energia espressiva e una conferma che il teatro, anche nelle sue forme più insolite come questa, scorta la vita e ne illumina i percorsi.
Mirella Caveggia L’Unita’
L’impressione di correre sul filo di un’enigmatica incertezza: queste sensazioni sono certo un efficace risultato, sono l’inquietante effetto di un sottile processo di spiazzamento.
Renato Palazzi Il Sole 24 Ore
Un gioco di massacro autobiografico. E il teatro ti accade dentro, come uno stato d’animo, un’inquietudine che sale con i pensieri riflessi su quel doppio gioco d’autobiografia e drammaturgia del vissuto.
Carlo Infante Carta
Un’ immagine indimenticabile. Nel silenzio più assoluto. E’ qui che capisci di essere sul confine del non ritorno. E’ qui che comincia la visita della casa, il racconto, la discesa nel passato. E’ qui che comincia il mare. E l’abisso. Ma dolcemente. Terribilmente dolce. Lungo parole che sono come la corda del pozzo che ti tira su e giù. Un inferno da cui si può uscire ma non si dimentica. Roberta Bosetti e’ tutto.
Gian Luca Favetto Diario